Per chiunque abbia visto cosa sta accadendo alla Nazioni Unite, il quadro è chiarissimo: l’ONU è sulla buona strada per dichiarare la fine dello Stato di Israele. L’UNESCO potrebbe non essere in grado di mettere in atto le sanzioni contro Israele, ma la negazione del collegamento tra l’ebraismo e il Monte del Tempio, incluso il Muro Occidentale (Muro del Pianto), indica che il mondo pensa che noi non apparteniamo a questo posto. L’applicazione pratica di quest’opinione non è molto lontana.
Abbiamo tentato di tutto. Abbiamo dimostrato di avere un diritto storico su questa terra, qui abbiamo costruito una democrazia che provvede a tutti i cittadini di Israele, a prescindere dalla religione, con libertà di parola, libertà di occupazione e anche la libertà di essere eletti allo scopo di promuovere programmi anti-Israele. Noi forniamo al mondo più innovazioni tecnologiche e mediche pro capite di ogni altro paese, ma nessuno ci approva.
Al contrario, non c’è un solo paese al mondo (nemmeno tra i pochi che sono ancora considerati nostri amici) che non ci critichi. L’America non ci salverà dall’ira del mondo. Se fosse eletta Hillary Clinton, questo accelererà il processo di disimpegno fra USA e Israele che ha iniziato Obama. Se fosse eletto Trump, accadrà la stessa cosa, probabilmente ad un ritmo più lento. La nostra unica possibilità per uscire da questo pasticcio è di stare insieme e unirci.
Una crescente stretta creditizia
Spesso tendiamo a dimenticarlo, ma il mondo non è sempre stato così ostile verso lo Stato ebraico. Nel novembre del 1917, subito dopo che la Gran Bretagna conquistò la Palestina mettendo fine al dominio ottomano, il governo britannico diede il suo sostegno ufficiale alla Federazione Sionista. La Dichiarazione di Balfour affermava: “Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di una nazione per il popolo ebraico”. Il governo ha promesso anche di “fare quanto in suo potere per facilitare il raggiungimento di tale obiettivo”.
Trent’anni dopo, nel novembre del 1947, quando le Nazioni Unite votarono la creazione di uno “Stato ebraico”, il sostegno della comunità internazionale era ancora forte. Ma se lo stesso voto si tenesse oggi, lo stato di Israele non sarebbe fondato. Perché lo Stato di Israele è a corto di credito? Come mai le nazioni che una volta hanno sostenuto la nostra indipendenza ora non vedono alcuna ragione per la continuità della nostra presenza in Israele?
Senza uno scopo, l’esistenza di Israele non ha senso
Nel 1947, sembrò che il senso di colpa spingesse le nazioni a concederci l’indipendenza in seguito alla Shaoh. Ma questo non spiega la Dichiarazione di Belfour di trent’anni prima o perché molti paesi, che non avevano niente a che vedere con l’Olocausto, avessero votato comunque a favore della creazione di uno Stato ebraico, proprio in questo pezzo di terra ostile e semiarida chiamata “Israele”.
La causa di fondo che spinse la maggior parte del mondo a concederci l’indipendenza è ciò che Rav Kook descrive come il nostro compito per costruire un mondo migliore. Dalle sue parole (Lettere del Raiah, vol. 2) “Ogni disordine nel mondo viene solo per Israele. Ora siamo chiamati a svolgere un grande compito volentieri e consapevolmente: costruire noi stessi e il mondo intero in rovina insieme a noi”. In modo simile a Rav Kook, Baal Hasulam scrisse che “L’ebraismo deve presentare qualcosa di nuovo alle nazioni. Questo è ciò che si aspettano dal ritorno di Israele alla sua terra” (Gli scritti dell’ultima generazione).
Tuttavia, qual è esattamente il nostro compito? Cos’è questo “qualcosa di nuovo” che dovremmo introdurre?
Un antidoto all’egoismo
Il mondo in cui viviamo consiste di quattro livelli. I primi tre (inanimato, vegetale e animale) sono gestiti completamente dalle leggi della natura che li mantiene in costante equilibrio.
Gli esseri umani sono unici: sebbene i nostri corpi funzionino come quelli di ogni altro mammifero, la nostra psiche è molto diversa. Gli animali non hanno percezione della storia né hanno desiderio di rispetto e potere oltre la necessità di diffondere i loro geni. Le nostre vite, tuttavia, sono costantemente squilibrate a causa del nostro insaziabile desiderio di individualismo. Siamo in continua competizione per gli oggetti migliori e più moderni, la macchina o la casa, e siamo malvagiamente invidiosi di chiunque abbia risultati migliori dei nostri.
Questo crescente egocentrismo è la causa principale di tutti problemi nel nostro mondo, dal vertiginoso aumento dei divorzi, alle guerre, al surriscaldamento globale. Il nostro sforzo costante di “voler essere all’altezza dei nostri vicini” ci rende gelosi e frustrati, e la paura di essere feriti può farci fare, pensare e anche credere qualsiasi cosa. C’è da meravigliarsi che ci siano tante persone depresse? Anche la diplomazia internazionale è prigioniera dell’egomania nazionale che prende il nome di “patriottismo”. Tutti si rendono conto che un violento conflitto tra Stati Uniti e Russia, per esempio, potrebbe trasformare il mondo in un torrido deserto radioattivo, ma in rapporto al rischio di perdere la faccia nazionale, sembra non avere importanza.
Il popolo ebraico deve indicare la strada ad un mondo disperato che ha bisogno di un modo per equilibrare il suo egocentrismo con la reciprocità. A noi, il gruppo che è stato dichiarato una nazione solo dopo che i suoi membri si sono impegnati ad essere “Come un solo uomo con un solo cuore”, è stata data la terra di Israele non per noi stessi, ma farci diventare “Una luce per le nazioni”. La profonda unione a cui aspirarono gli antichi ebrei è quel “qualcosa di nuovo” di cui il mondo ha un disperato bisogno, l’antidoto all’egoismo.
Nel suo saggio “Arvut (La responsabilità reciproca)”, Baal Hasulam scrive che amando gli altri “si apporta una certa misura di avanzamento nella scala dell’amore per il prossimo in tutta la gente del mondo in generale”. Per deduzione, quando non avanziamo nell’amore per gli altri, causiamo nelle altre persone l’egoismo a distanza. Dato che siamo gli unici destinati ad esercitare e a diffondere l’amore per gli altri, quando non lo facciamo, stiamo indirizzando la rabbia del mondo contro di noi e la gente ci incolpa di ogni problema del mondo. Il professore di studi coranici, Imad Hamato ha espresso molto acutamente questa percezione quando ha detto: “Anche quando combattono i pesci nel mare, dietro ci sono gli Ebrei”.
Possedere la terra di Israele
Nel suo saggio “Un discorso per il completamento dello Zohar”, Baal Hasulam scrive che ci è stata data la terra di Israele “ma non abbiamo ricevuto la terra sotto la nostra autorità”. L’unico modo per meritare uno Stato di Israele indipendente è abbracciare l’unione al di sopra di tutte le differenze. Re Salomone disse: “L’amore copre tutti i crimini”. Allo stesso modo, dobbiamo mettere la nostra solidarietà sopra tutto il resto, non perché sia un bene per noi, ma perché è quello che il mondo vuole da noi. Finché non ci muoveremo in questa direzione, il mondo sarà impantanato nell’egoismo e ci detesterà per questo.
Se non svolgiamo il nostro compito, Baal Hasulam ci avverte: “Il Sionismo sarà cancellato del tutto, rimarrà solo una manciata (di Ebrei) e alla fine saranno inghiottiti dagli arabi”. Alcuni anni fa, queste predizioni sembravano improbabili. Oggi dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per evitare che questa realtà si materializzi. Se supereremo il nostro odio reciproco, rinnoveremo il legame tra noi e dissiperemo l’antisemitismo. Se rimanderemo, ciò segnerà la fine dello Stato di Israele, la fine del popolo ebraico come lo conosciamo e le reliquie saranno inghiottite dalle nazioni.
Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu