Quando una marcia il cui motto è l’inclusione, esclude gli ebrei, non è un malinteso: è un campanello d’allarme.
Durante la manifestazione LGBT Dyke di Chicago del mese scorso è finalmente emerso il vero significato che i progressisti attribuiscono alla parola “inclusione”. Secondo il quotidiano Windy City Times di Chicago, la marcia ha proceduto con calma, con la partecipazione “Di tutte le razze, i generi e le identità di genere”, finché “Il Direttivo della Dyke March ha espulso tre persone che portavano le bandiere dell’Orgoglio Ebraico (una bandiera arcobaleno con una Stella di Davide al centro)”.
La partecipante Laurel Grauer ha dichiarato al Windy City Times: “Era una bandiera della mia congregazione e celebra la mia identità ebraica; la porto da più di un decennio e con lei ho sempre marciato nella Dyke March”.
Il giornale ha anche riferito che “Un membro del collettivo della Dyke March a cui è stata chiesta una spiegazione in merito dal Windy City Times, ha risposto che quelle donne sono state invitate ad uscire perché le loro bandiere “Hanno fatto sentire la gente in pericolo”, e ha aggiunto che la marcia era “anti-sionista” e “pro-palestinese’”. E in tutto questo si parla di inclusione.
Eleanor Shoshany Anderson, un’altra delle partecipanti espulse, lamentava: “Ho sentito che in quanto ebrea non ero la benvenuta”. Ha ragione. Gli ebrei non sono i benvenuti fra i progressisti, i liberali e quelli di sinistra. In un futuro prossimo, ciò diventerà sempre meno impercettibile e per un motivo molto valido.
Una “strana” nazione fra le nazioni
L’antisemitismo non compare dal nulla. Ha perseguitato la nostra nazione sin dalla sua nascita ed è legato direttamente alla nostra comune vocazione.
Sin dalle origini, la nostra nazione è stata una “strana” nazione fra le altre nazioni. E non eravamo solo strani, ma solitamente in contrasto con quelli che ci circondavano, spesso con le persone più vicine a noi. Abramo era in disaccordo con suo padre che lo aveva messo alla prova per finire condannato a morte dal re Nimrod. Isacco e Giacobbe erano in disaccordo con i loro fratelli e anche Giuseppe era in conflitto con i suoi. Mosè era d’accordo con la sua famiglia, ma in disaccordo con la maggior parte del resto della nazione.
Dopo la fondazione della nazione, i suoi membri furono spesso in disaccordo fra loro, ma oggi sono in contrasto anche con il resto del mondo. Ovunque andassimo, eravamo odiati, tormentati e infine espulsi, se non completamente sterminati. Anche i popoli che inizialmente ci accolsero in mezzo a loro finirono per espellerci spietatamente.
Oggi, ancora una volta, l’odio verso il popolo ebraico e la nazione d’Israele continua ad aumentare. Se fino ad oggi gli ebrei della sinistra politica potevano vantarsi del fatto che la loro visione progressista ed il sostegno ai nemici di Israele, li avrebbero risparmiati dalle battute al vetriolo verso lo stato ebraico, spero che ora quanto accaduto alla Dyke March di Chicago sia l’inizio della realizzazione che oggi tutto il popolo ebraico è in pericolo.
Come è iniziato l’ebraismo e come la sua caduta creò l’antisemitismo
Quando Abramo, figlio maggiore di uno stimato fabbricante di icone sacre di Ur dei Caldei in Babilonia, che occasionalmente sostituiva il padre nel negozio, notò che i suoi concittadini erano infelici, rimase turbato. Secondo varie fonti, quali la Mishneh Torah di Maimonide e la Midrash Rabbah, Abramo iniziò a camminare per la città e per la regione cercando di capire il perché di tutta quella infelicità.
Dopo molte notti insonni e molti giorni passati ad osservare la natura, comprese che tutta la realtà mantiene la sua stabilità per mezzo dell’equilibrio fra due elementi opposti: dare e ricevere, altruismo ed egoismo. Ma quello che si applica a tutta la realtà, non va bene per gli esseri umani. Così imparò che la gente è egoista fino al midollo. Circa tre secoli dopo, Mosè riuscì a cogliere l’essenza degli approfondimenti di Abramo sulla natura umana in versetti come: “Il cuore dell’uomo concepisce disegni malvagi fin dalla sua fanciullezza” (Genesi 8:21), “Il peccato è accovacciato alla porta” (Genesi 4:7), e “La malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo” (Genesi 6:5).
Abramo non tenne per sé le proprie scoperte. Appena si rese conto dell’egoismo della natura umana, cominciò a sviluppare un metodo di correzione che consentisse alle persone di innalzarsi al di sopra del proprio odio e di impiantare quindi l’elemento positivo che esiste ovunque, tranne che fra gli esseri umani. Secondo Maimonide, Abramo fu perseguitato e infine espulso dalla Babilonia proprio perché desiderava condividere le sue idee che però sembravano minacciare l’egemonia del re Nimrod. Tuttavia, quando Abramo vagò verso quella che doveva diventare la terra d’Israele, scrisse libri sul suo metodo, e lui e sua moglie Sara insegnarono a tutti quelli che volevano imparare il metodo dell’unione.
Anche se Abramo voleva condividere il suo metodo con tutti i babilonesi, dopo che fu espulso dalla sua patria dovette accontentarsi di insegnarlo solo a coloro che lo seguivano, lasciando il resto della gente, quella che chiamiamo “La culla della civiltà”, a sguazzare nell’egocentrismo e nell’odio fino a quando il loro impero si sgretolò e si disperse.
Il libro Pirkei De Rabbi Eliezer (Capitolo 24) descrive alla perfezione la situazione in Babilonia quando narra delle divisioni fra i costruttori della Torre di Babele. “Se fosse caduto e morto un uomo, non gli avrebbero dato importanza, ma se fosse caduto un mattone si sarebbero seduti a lamentarsi: ‘Guai a noi; quando ne avremo un altro al suo posto?’” L’alienazione fra i costruttori era degenerata a tal punto che “Volevano parlarsi ma nessuno conosceva la lingua degli altri. Cosa fecero? Ognuno prese la sua spada e si combatterono fino alla morte. Infatti, metà della popolazione fu trucidata lì e per il resto si è sparsa in tutto il mondo.”
La Mishneh Torah scrive che Abramo lasciò la propria conoscenza ai suoi discepoli e a suo figlio Isacco, che poi l’avrebbe lasciata a Giacobbe. Giacobbe, a sua volta, insegnò a suo figlio Giuseppe, che voleva riunire i suoi fratelli. Nonostante la sofferenza per il primo rifiuto dei suoi fratelli, Giuseppe alla fine li riunì intorno a lui e prosperarono nella terra d’Egitto.
Tuttavia, quando Giuseppe morì, gli ebrei vollero abbandonare il metodo di correzione dell’ego e assimilarsi agli egiziani. “Quando Giuseppe morì”, scrive il Midrash, ShemotRabbah, gli ebrei dissero: “Siamo come gli egiziani. Poiché loro lo hanno fatto, il Signore ha trasformato l’amore che gli egiziani avevano per se stessi in odio, come è detto (Salmi 105), ‘Egli rivolse il cuor loro a odiare il suo popolo, a macchinar frode contro i suoi servitori’”.
La schiavitù e la persecuzione degli ebrei in Egitto furono forse il primo caso di antisemitismo. Gli eventi che seguirono sono scritti nella Torah e sono diventati il simbolo della lotta dell’uomo per la libertà.
Tuttavia, in origine, gli egiziani offrirono a Israele la terra migliore e un trattamento di tutto rispetto. È di vitale importanza, quindi, ricordare che la loro persecuzione contro gli ebrei non è iniziata perché gli egiziani improvvisamente iniziarono ad odiare gli ebrei. È accaduto tutto perché gli stessi ebrei avevano cominciato a respingere la via dell’unione e stavano diventando come gli egiziani: egoisti ed egocentrici.
Per trionfare sugli egiziani, Mosè non incitò gli ebrei ad una ribellione violenta. Tutto quello che chiese al Faraone era una possibilità di far stare insieme l’intero popolo. Una volta fuggiti dall’Egitto, Mosè trasformò gli ebrei in una nazione ed essi si impegnarono ad unirsi “Come un solo uomo con un solo cuore”. E per assicurarsi di non dimenticare di dover trasmettere il metodo per la correzione a tutto il mondo, la nazione ebraica emergente fu immediatamente incaricata di essere “Una luce per le nazioni”.
Da quel giorno il mondo è stato ambivalente verso la nazione ebraica. Siamo sempre stati tenuti ad un livello più elevato rispetto al resto del mondo. Allo stesso tempo, veniamo accusati di ogni colpo che subiscono le nazioni. Quello che noi chiamiamo antisemitismo è in realtà l’accusa dei popoli secondo cui non stiamo impegnandoci nella nostra vocazione, cioè quella di mostrare al mondo la via per l’unione. Evitandola, li obblighiamo a continuare ad odiarsi l’un l’altro, odio che è la fonte di ogni dolore e sofferenza dagli albori della storia.
Proprio dieci giorni fa, una nuova azione antisemita ci ha ricordato di questo, dato che alcuni vandali hanno coperto uno dei luoghi simbolo della memoria dell’Olocausto con un lenzuolo che portava la scritta: “Heebs [Ebrei] non ci dividerete”.
L’antisemita più famoso della storia americana, Henry Ford, ha riconosciuto il ruolo degli ebrei verso la società nel suo libro L’Ebreo Internazionale: “Non dimentichiamoci che furono fatte loro alcune promesse per quanto riguarda la loro posizione nel mondo, ed è ritenuto che queste profezie saranno soddisfatte. Il futuro dell’ebreo è intimamente legato al futuro di questo pianeta”.
Da quando si sono impegnati all’unione e hanno costituito la propria nazione, gli ebrei hanno sperimentato numerosi conflitti e riconciliazioni. Tuttavia, tutto questo serviva ad imparare a bilanciare l’ego con l’altruismo. Il Libro dello Zohar scrive su questo (porzione Beshalach): “Tutte le guerre nella Torah sono per la pace e per l’amore”. Questo spiega perché gli ebrei concepirono tali concetti sublimi, come la carità, la responsabilità reciproca e la preoccupazione per lo straniero, molto tempo prima che ogni altra nazione avesse sviluppato una qualsiasi tendenza verso la compassione e la considerazione.
Circa fino alla distruzione del Secondo Tempio, noi (bene o male) abbiamo mantenuto il metodo della correzione, ma in quel periodo, l’odio fra noi si impadronì della nazione e ci separò definitivamente. Ecco perché i nostri saggi non indicano un nemico esterno come causa del nostro esilio e della distruzione del tempio, ma l’odio infondato fra noi.
Da allora e sino ai giorni nostri, siamo diventati sempre più separati e odiosi l’uno verso l’altro e il mondo intero non può sopportarci. Le persone potrebbero non odiare gli ebrei come singoli individui. Ci sono persone decenti fra noi, proprio come ci sono persone decenti ovunque. Ma come nazione, il forte contrasto fra l’unione, che abbiamo intenzione di trasmettere, e il disgusto per l’altro, che stiamo invece proiettando, di fatto è la causa dell’odio delle nazioni verso la nazione ebraica e verso lo Stato ebraico.
Anche Adolf Hitler non odiava tutti gli ebrei. Il suo comandante nella prima guerra mondiale era un ebreo di nome Ernest Hess e Hitler istruì Himmler per proteggerlo. Di conseguenza, il 27 agosto 1941 Himmler ordinò alla polizia segreta di concedere ad Hess “Il sollievo e la protezione secondo i desideri del Fuhrer”. Tuttavia, questo non aiutò gli ebrei come nazione una volta che Hitler decise di eseguire la Soluzione Finale.
Alla ricerca di una società unita
L’umanità ha adottato e abbandonato quasi tutte le ideologie e le forme di governo, in cerca di un rimedio per i mali della società, eppure tutti hanno fallito, poiché per far sì che che la società mantenga la stabilità, dobbiamo prima bilanciare l’egoismo con l’unione. Finché non comprenderemo questo, l’ego vincerà sempre e tutti i governi e le ideologie saranno costretti a sfociare nel Fascismo o nel Nazismo, o in entrambi.
Essendo profondamente consapevole dei difetti della società, Henry Ford cercò delle risposte negli ebrei. Quando non riuscì a trovarle nel giudaismo attuale, egli le cercò ancora più in profondità e le trovò nel nostro passato e scrisse: “I riformatori moderni, che stanno costruendo modelli di sistemi sociali farebbero bene ad esaminare il sistema sociale con il quale erano organizzati i primi ebrei”. Allo stesso tempo, detestava l’ebreo americano moderno, che era pieno di divisioni ed egoismo.
Per mancanza di unione, la gente concepisce ogni sorta di nozioni, come l’intersezionalità, Organizzano marce che celebrano l’inclusione, ma escludono gli ebrei perché la divisione fra gli ebrei è il motivo per cui non possono, prima di tutto, tollerarsi a vicenda. Inconsciamente, stanno dicendo agli ebrei: “Lasciateci stare e unitevi fra di voi! Questo è ciò di cui abbiamo bisogno!”
Nel suo libro The Jews in Weimar Germany, Donald L. Niewyk scrive che nel 1929 il Dott. Kurt Fleischer, leader dei liberali dell’assemblea della comunità ebraica di Berlino, ha sottolineato il collegamento fra antisemitismo e disunione ebraica; ha osservato: “L’antisemitismo è il flagello che Dio ci ha mandato per condurci insieme e tenerci uniti”. Quanto è tragico che gli ebrei non abbiano seguito questa osservazione in quel tempo.
Sulla scia della controversia regnante intorno alle aree di preghiera di Kotel (Muro Occidentale), David Friedman, ambasciatore statunitense in Israele, ha lanciato un forte appello per l’unione fra noi. Tuttavia, come ha notato Caroline Glick nel suo articolo, “Il vero problema è che, mentre tutti i partecipanti parlano della necessità dell’unione ebraica, nessuno coinvolto nella conversazione sembra essere motivato a lavorare verso tale obiettivo”.
Oggi, credo che dobbiamo unirci a prescindere da tutto il resto. Naturalmente non siamo motivati. Come può una persona ragionevole desiderare di unirsi con un essere umano che odia? Eppure, ora dovrebbe essere chiaro che il nostro odio reciproco incita il mondo a schierarsi contro di noi.
La Midrash Rabbah scrive: “Questa è la nazione, la pace nel mondo sta dentro di essa” (Beresheet Rabbah, Capitolo 66). Ma se non c’è pace fra noi, come può esserci pace nel mondo?
Rav Kook Nel ha scritto suo libro Orot (Luci): “La costruzione del mondo, che si sta sgretolando sotto i terribili colpi di una spada macchiata di sangue, richiede la costruzione della nazione israeliana. La costruzione della nazione e la rivelazione del suo spirito (di unione) sono una sola cosa, e sono una cosa con la costruzione del mondo, che si sta sgretolando in attesa di una forza piena di unione e sublimità, e tutto ciò è nell’anima dell’Assemblea di Israele”.
In verità, non possiamo dire che non lo sapevamo: la nostra sicurezza e accettazione fra le nazioni dipendono interamente dalla nostra volontà di essere la luce dell’unione per tutti i popoli.
Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu