“Signor Zuckerberg”, ha chiesto il senatore Dick Durbin riguardo alla percezione della privacy da parte dell’amministratore delegato di Facebook, “Sarebbe a suo agio nel condividere con noi il nome dell’hotel nel quale ha dormito ieri notte?”
“Mm…” Zuckerberg ha esitato qualche istante a rispondere mentre era inquadrato da dozzine di telecamere. “No”, ha detto il giovane uomo vestito in giacca e cravatta. La folla ha ridacchiato goffamente mentre rispondeva alla sorprendente domanda.
Durbin ha continuato a chiedere: “Se ha inviato messaggi a qualcuno questa settimana, vuole condividere con noi i nomi delle persone con cui ha parlato?”
“Senatore, no, probabilmente non sceglierei di farlo pubblicamente qui”, ha detto Zuckerberg, più appassionatamente di prima. Ma il senatore Durbin, come molti dei suoi colleghi, non è sembrato soddisfatto; anche quando la faccia da ragazzino di Zuckerberg si è voltata a guardarli con espressione umiliata.
Per oltre sei ore, Mark Zuckerberg, il fondatore e amministratore delegato di Facebook, ha testimoniato davanti al Senato a Washington. Zuckerberg ha dovuto spiegare in che modo le informazioni private di 87 milioni di utenti siano finite nelle mani della Cambridge Analytica, una società di data mining.
In effetti, ad essere analizzato in quel momento non è stato Facebook, né il suo amministratore delegato, ma il diritto alla privacy. In un mondo tecnologicamente avanzato, con uno spazio virtuale aperto e sempre più interconnesso, c’è spazio per la privacy nelle nostre vite?
La mia risposta è: quasi nessuno. Gli utenti di Internet potrebbero lottare per questo, ma la tendenza futura mostra che non ci sarà molto da nascondere.
Si dovrà legiferare per limitare la capacità dei grandi monopoli di scambiare le nostre informazioni e calpestare i nostri diritti. Questa, tuttavia, non è la questione principale. La società umana sta marciando verso una nuova era in cui tutti sapremo tutto di tutti, dalle informazioni più elementari che qualunque fanatico del computer potrà facilmente rintracciare, alle azioni apparentemente più imbarazzanti che cerchiamo di nascondere agli occhi dei nostri vicini e colleghi.
Stiamo per sperimentare una profonda trasformazione di ciò di cui ci vergogniamo, una nuova era in cui tutto viene svelato. Presto diventerà chiaro che siamo tutti fatti dello stesso materiale.
Superare la facciata della rettitudine per vederci così come siamo
Una breve occhiata ai leader del nostro mondo di oggi e alla loro immagine pubblica rivela la nuda verità: il presidente Clinton aveva rapporti sessuali extraconiugali, il presidente Trump si trova ora di fronte alle accuse di aver tradito sua moglie con una pornostar, l’ex presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, si vantava dei suoi orgiastici party denominati “bunga bunga”, le storie dei festini dell’ex dittatore libico Gheddafi abbondano, così come una miriade di altre voci di diverse personalità pubbliche.
Le personalità pubbliche non sono diverse dagli altri. Il loro ruolo ufficiale non le rende immuni dalle pulsioni e dagli impulsi naturali insiti in ogni uomo e donna del mondo. Ogni uomo, dal meno importante al più importante, dal lavoratore al leader, dall’anziano al giovane, è spinto dal desiderio di gustare cibo, sesso e famiglia. Per quanto riguarda questi desideri, non siamo diversi da qualsiasi altro animale, pertanto, non c’è motivo di restare perplessi riguardo alle informazioni rivelate su di noi nei social media, in quanto non rivelano nulla di nuovo sulla nostra vera natura.
Se qualcuno ha un problema con la tua natura, le tue preferenze, le tue inclinazioni, le tue passioni, i tuoi comportamenti, il tuo carattere ed i tuoi pensieri, allora puoi rispondere con una frase dei saggi ebrei: “Va dall’artigiano che mi ha fatto e digli: “Quanto è brutto il vaso che hai creato” (Talmud, Taanit 20a-b).
La privacy diventerà una cosa del passato quando realizzeremo che siamo tutti fatti dello stesso materiale, ognuno con una diversa sfumatura e colore di desiderio. Quando ciò accadrà, allora potremo approfondire ciò che ci rende umani.
Quindi cosa ci rende umani?
Noi siamo composti da due livelli: il livello fisico-corporale e il livello umano-spirituale. Al primo livello ogni persona ha bisogno di soddisfare i propri desideri corporei. Questo va bene a condizione che nel processo nessuno venga danneggiato. Al secondo livello c’è la nostra essenza interiore, che è ciò di cui abbiamo bisogno per una vera, sentita connessione con gli altri.
Questo secondo livello ci viene nascosto. È il livello profondo delle relazioni con gli altri, un livello spirituale che non viene sperimentato nei nostri legami corporei di primo livello. Si chiama “l’umano” in noi, come lo chiamano i kabbalisti, e per coglierlo ulteriormente è necessario evolvere coscientemente.
Il secondo livello è intangibile e non possiamo sentirlo poiché ci viene nascosto. Noi identifichiamo erroneamente il nostro io spirituale “umano” con il nostro corpo fisico umano. Di conseguenza creiamo norme sociali e valori morali che limitano l’uso del corpo umano, ossia l’adempimento dei desideri al primo livello. Proprio questo è il punto in cui i media entrano per approfittare del modo con cui ci limitiamo. I media prosperano nel celebrare la nostra mancanza di connessione con la nostra essenza interiore. Per continuare a fare soldi, i media ci fuorviano giorno e notte, producendo spettacoli stravaganti provenienti dai nostri impulsi naturali. I media drammatizzano i comportamenti e le azioni che derivano dalle nostre pulsioni di base istintive invece di ricordarci che è la nostra vera natura, e la loro. E così siamo gradualmente sottoposti al lavaggio del cervello da un sistema di valori falsi, che lodano o rimproverano gli altri per le pulsioni naturali con cui sono nati.
La versione corretta dei media si impegnerebbe a creare connessioni umane positive, “collegare le persone, costruire comunità e avvicinare il mondo”, proprio come ha testimoniato Zuckerberg davanti al Congresso degli Stati Uniti e davanti al mondo. I media devono aiutarci ad elevarci al secondo livello nascosto; creare un nuovo insieme di valori basati non sui nostri corpi e impulsi naturali, ma un insieme di valori volti a raggiungere la nostra essenza, a rafforzare il nostro contributo alla società e ad incoraggiare buone relazioni.
Gli umani sono cablati per la connessione
La vittoria del pubblico nella lotta per la privacy sarà possibile quando inizieremo a sviluppare il nostro “livello umano” interiore e ci connetteremo agli altri in modo significativo e positivo. Scopriremo le relazioni reciproche attraverso la forza nascosta della natura, una forza che ci lega a tutti i livelli e che ci pressa sempre di più al fine di svegliarci e affrontare la nostra connessione reciproca. Raggiungendo una tale sensazione della forza superiore della natura, alzeremo la cortina di nebbia che copre ciò che riteniamo privato e vergognoso, e questo “mistero” che circonda il mondo virtuale sparirà.
I media, con Facebook come uno dei suoi attuali protagonisti, hanno la capacità di creare tendenze positive che ispireranno ed eleveranno l’umanità a una maggiore connessione, poiché hanno il potere di impostare il tono sociale e creare una nuova cultura, di affinare la percezione sociale della realtà in una sana percezione della natura umana e di aiutare ogni persona ad adottare nuove comprensioni sulle sue pulsioni fisiche e spirituali.
Quando contenuti di tal significato scorreranno nelle vene dei social network, nessuno si vergognerà o temerà più nulla. Più ci identificheremo con il nostro livello spirituale che è disconnesso da qualsiasi necessità fisica, più saremo in grado di essere calmi per quanto riguarda incidenze come la perdita di privacy di decine di milioni di utenti. Sapremo come mettere nella giusta prospettiva, fisica e spirituale il nostro io. In un clima sociale di questo tipo, l’unica vergogna che affliggerà l’uomo sarà quando osserverà attentamente se stesso e si chiederà: “Ho investito abbastanza nella creazione di relazioni positive? Ho contribuito a una connessione positiva nella società? Sono stato attento agli altri, come dovrebbe essere un “essere umano”?
Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu