A un anno dall’omicidio del diciottenne disarmato Michael Brown da parte di un agente di polizia a Ferguson, nel Missouri, la città è ancora una volta in subbuglio. Molte cose sono successe dall’uccisione di Brown. L’America di oggi non è quella di un anno fa. La morte di Brown e la controversa decisione di non incriminare il suo tiratore, l’ufficiale Darren Wilson, ha scatenato un’ondata di proteste e di furore in tutto il Paese e rivelato fratture tra le varie parti della nazione.
In molte comunità, la crescente amarezza che circonda la differenza tra il trattamento che la polizia riserva ai neri rispetto ai bianchi, il dibattito attorno alla bandiera confederata a Charlotte, nella Carolina del Sud, la carneficina nella chiesa di Charleston, nella Carolina del Nord, perpetrata dal suprematista bianco, Dylann Roof, il dibattito che sta emergendo intorno al Voting Rights Act, questi e altri problemi hanno evidenziato voragini nella società americana. Queste fratture sono sempre state lì, ma sembrano aumentare proprio nel momento in cui dovrebbero diminuire.
Questa settimana a Ferguson le autorità hanno dichiarato ancora una volta lo stato di emergenza a causa delle proteste violente avutesi in seguito all’anniversario della morte di Brown. Ma lo stato di emergenza non ha avuto inizio con questo anniversario; era lì da anni e richiede un trattamento molto più approfondito del dispiegamento di soldati della Guardia Nazionale.
Come tutte le crisi, le emergenze indicano delle profonde trasformazioni in corso, di cui siamo inconsapevoli o a cui non vogliamo dedicarci. Nell’attuale emergenza, il cambiamento dovrebbe davvero essere definito una “trasformazione”.
La società americana sta subendo un cambiamento drammatico. Più aumenta il dominio e la domanda di potersi esprimere da parte dei gruppi etnici, più le tensioni sociali e le animosità si intensificano. Il diritto alla libera espressione è uno dei fondamenti della società americana, quasi al punto di darlo per scontato. Ma cosa succederebbe se la possibilità della persona di potersi esprimere implicasse l’estradizione dalla società o anche l’annientamento dell’altro? Il caso di Dylann Roof dimostra quanto possa essere pericoloso.
Il cambiamento nel comportamento delle persone inoltre non si sta verificando soltanto in America. È come se tutta la natura umana si stesse trasformando in qualcosa di nuovo. In tutto il mondo le persone stanno diventando sempre più individualiste, fedeli alleati stanno diventando feroci nemici, come nel caso di Russia e Ucraina, e diritti che davamo tutti per scontato, come il diritto al voto, vengono messi in dubbio come se fosse di nuovo il 1861. Questi esempi non sono disconnessi tra loro, rappresentano le diverse manifestazioni di una stessa tendenza, l’interesse per se stessi e la negazione dell’altro.
Se questa tendenza globale dovesse continuare, non sarebbe sorprendente veder crollare non solo l’Unione europea, ma le nazioni stesse potrebbero essere smembrate dai loro cittadini. La Svizzera, ad esempio, potrebbe separarsi in quattro nazioni indipendenti, il Belgio potrebbe diventare due nazioni, e altri Paesi con più nazionalità potrebbero subire un processo simile.
Anche gli Stati Uniti, con il loro potente governo centrale, non sono immuni da questa tendenza. Potrebbero inoltre ancora vedersi inghiottiti in conflitti interni, i germogli li abbiamo visti di recente in Texas e nella Carolina del Sud. Questo potrebbe anche non accadere necessariamente domani o dopodomani, ma la tendenza all’alienazione è molto preoccupante su molti livelli.
Le nanotecnologie migliorano, la produzione locale e anche la produzione autonoma diventano sempre più accessibili e convenienti, e la compagnia fatta da robot è già una realtà. Se uniamo tutto questo all’intensificarsi di un’inclinazione narcisistica, questo potrebbe significare la fine della società così come la conosciamo. Agli occhi di qualcuno questo potrebbe non essere così indesiderabile, ma senza un adeguato sostituto, sarà un disastro.
Questa tendenza è il motivo per il quale ho chiamato il metodo che ho sviluppato con il compianto Prof. Anatoly Ulianov, l'”Educazione Integrale” progettata per aiutarci a sviluppare un pensiero integrale, un approccio globale e totalizzante, che offre un’alternativa al crescente interesse per se stessi. Utilizzando questo metodo, abbiamo imparato che le persone possono trasformare il loro pensiero e capire realmente che il loro vantaggio personale è strettamente legato al beneficio della propria comunità, paese, e in definitiva, mondo. Negli ultimi cinque anni abbiamo implementato il metodo con grande successo negli Stati Uniti, in Europa, in Israele, e anche in Australia. Il feedback che riceviamo indica che le persone comprendono che la cultura che abbiamo coltivato del “prima io” non è più sostenibile e che un cambiamento deve avvenire.
Workshop di Educazione Integrale, New York, Luglio 2015
L’Educazione Integrale non può farcela da sola. Solo se tutti parteciperanno e contribuiranno ad un cambiamento nella percezione di noi stessi e delle nostre società, saremo in grado di effettuare una trasformazione duratura. Abbiamo bisogno di rieducare noi stessi e renderci conto che solo se ci uniamo rimarremo delle società vitali. L’unione inoltre sarà una garanzia per la nostra sicurezza personale e per il nostro benessere. Nella realtà di oggi, potreste avere dieci pistole all’interno della vostra casa, ma sarete ancora vulnerabili. Solo se svilupperemo la responsabilità reciproca garantiremo a tutti di essere sani e salvi.
Così come ogni organismo è composto da diversi organi riuniti sotto l’obiettivo comune di preservare l’intero organismo, tutta l’umanità dovrà unirsi con l’obiettivo comune della sopravvivenza di noi stessi e del nostro ambiente. Può sembrare non fattibile, ma considerando le opzioni, l’unione suona molto attraente.
Questo non significa che dobbiamo essere uguali. Gli organi del nostro corpo sono molto diversi, ma sono tutti uniti, come nell’esempio precedente. L’obiettivo di lavorare per il bene dell’umanità deve essere comune per tutti, altrimenti non sopravviveremo come specie e forse neanche come individui. Ma quando ci uniremo educando noi stessi a farlo, saremo in grado di superare il nostro ego.
Originariamente pubblicato su L’Huffington Post Italia