DR. MICHAEL LAITMAN PER CAMBIARE IL MONDO – CAMBIAMO L'UOMO

Una pandemia a livello mondiale: perché l’egoismo porta all’antisemitismo

Lapidi a terra dopo che alcuni vandali le hanno spinte dalle loro basi nel Mount Carmel Cemetery, Philadelphia, 27 febbraio 2017 Credit: REUTERS/Tom Mihalek

Lapidi a terra dopo che alcuni vandali le hanno spinte dalle loro basi nel Mount Carmel Cemetery, Philadelphia, 27 febbraio 2017 Credit: REUTERS/Tom Mihalek

Indipendentemente dalle cause inibitorie, più una società diventa egoista, più è incline all’antisemitismo.

 

Nel corso delle ultime settimane, la comunità ebraica americana è stata vittima di almeno 70 episodi di minacce di attentati “compiuti ai danni di 60 centri comunitari ebraici in 27 stati americani e in una provincia canadese”. Nel corso di una sola settimana, i cimiteri di St. Louis e di Philadelphia hanno subito atti vandalici; un insegnante di una scuola in Texas è stato licenziato per aver tweettato il messaggio “uccidere un po’ di Ebrei”; svastiche e insulti razziali sono stati dipinti con bombolette spray su alcune auto, su un edificio e nel cortile di una scuola nei pressi di Buffalo; un amministratore dell’Università della Città di New York, si è lamentato di avere “troppi ebrei” nel proprio organico. Ciò che è iniziato nei campus europei e si è poi riversato nelle strade sino ad arrivare ai governi europei, si è ora esteso nei campus americani e nelle strade d’America. L’antisemitismo è ufficialmente tra noi e i leader ebraici parlano di una “pandemia” mondiale.

Come ho chiarito nel mio libroLike a Bundle of Reeds: Why Unity and Mutual Guarantee Are Today’s Call of the Hour” e nel mio articolo “Perché la gente odia gli Ebrei“, l’intensificazione dell’antisemitismo non è casuale; è il risultato di un processo naturale e, per certi aspetti, obbligatorio. Secondo questo processo, più la società diventa egoista, più è incline all’antisemitismo. Indipendentemente dall’educazione, dalla cultura, dalla storia o da qualsiasi altra causa inibitoria, superato un certo livello di egoismo, prima o poi deve per forza emergere l’antisemitismo; è un po’ come accade con l’acqua nella quale si scioglie del sale, solo una certa quantità si scioglierà, poi il sale rimarrà sul fondo del recipiente.

In che modo l’egotismo genera antisemitismo

L’odio per gli ebrei è sempre esistito, ancor prima che ci fossero gli ebrei. Abramo non era un giudeo ma un ebreo, ma era odiato per la stessa ragione per cui io, voi e tutti gli ebrei nel corso della storia siamo stati odiati. La radice dell’odio nei confronti degli ebrei non si trova negli ebrei, ma in ciò che rappresentiamo, nella nostra radice ancestrale, nell’eredità che abbiamo ricevuto dai nostri antenati.

Quando Abramo nostro Patriarca osservò il mondo e “cominciò a meditare giorno e notte su come fosse possibile che questa ruota girasse sempre senza un conducente”, come scrive Maimonide in Mishneh Torah (Capitolo 1), scoprì una forza unificatrice, che è la radice di tutta la creazione, e chiamò quella forza “Dio”.

Abramo non chiese alla gente di inchinarsi davanti a quel Dio, o di alimentarlo con la semola, come avrebbero fatto i suoi contadini con i loro déi. Disse semplicemente di aver scoperto una forza di unione, e che se le persone volevano essere felici, avrebbero dovuto unirsi e diventare come quella forza.

Al tempo di Abramo, i Babilonesi erano impegnati nella costruzione della Torre di Babele. Tuttavia, Abramo notò che stavano diventando sempre più egocentrici e che si stavano alienando gli uni dagli altri, e questo fatto lo spinse a cercare la risposta descritta da Maimonide. Il libro Pirkey de Rabbi Eliezer (Capitolo 24) illustra come i Babilonesi “volessero comunicare fra loro, ma non conoscevano la lingua degli altri. Allora cosa fecero? Tutti presero le spade e si combatterono gli uni contro gli altri fino alla morte. Infatti, la metà della popolazione fu sterminata lì e gli altri si dispersero in tutto il mondo”.

Quando Abramo suggerì ai Babilonesi di unirsi invece di combattersi, il loro Re, Nimrod, lo allontanò dal suo paese. Mentre l’esiliato Abramo vagava verso Canaan, la gente “si riunì intorno a lui per ascoltare le sue parole. Ed egli insegnò a tutti”, continua Maimonide, fino a che “in migliaia e decine di migliaia si riunirono intorno a lui e queste sono le persone della casa di Abramo. Seminò questo principio nei loro cuori, scrisse libri su questo ed insegnò a suo figlio Isacco. E Isacco si sedette ed insegnò, istruì e formò Giacobbe e lo nominò insegnante, per sedersi ed insegnare… E il nostro Patriarca Giacobbe insegnò a tutti i suoi figli”. Infine fu costituita una tribù che conosceva la legge dell’unione.

Qualche secolo dopo, Mosè volle fare la stessa cosa. Egli aspirò ad unire il suo popolo, mentre il Faraone si opponeva. Come Abramo prima di lui, Mosè fuggì insieme al suo seguito, ma questa volta furono in milioni a scappare con lui ed ebbero tutti bisogno di “aggiornarsi” sul metodo di connessione di Abramo, quindi Mosè dette loro la Torah.

Questo insieme di leggi che chiamiamo Torah si riduce al solo ed unico principio, che Hillel il Vecchio descrisse in modo molto semplice: “Ciò che tu odi, non farlo al tuo prossimo; questa è tutta la Torah. Il resto è commento; vai e studia” (Shabbat, 31a). Sotto la guida di Mosè, le tribù ebraiche divennero una nazione solo quando si impegnarono ad unirsi “Come un solo uomo con un solo cuore”. Ora, ufficialmente, gli Ebrei sono diventati una nazione che prende il nome di Israele, direttamente dalla sua vocazione, cioè quella di andare Yashar-El (dritti a Dio) per conseguire la stessa unione, la forza che Abramo aveva scoperto.

Subito dopo, a Israele fu richiesto di completare ciò che Abramo aveva inteso realizzare quando cominciò a parlare di unione al di sopra dell’odio, perché così tutto il mondo avrebbe tratto beneficio dal metodo del conseguimento dell’unione. Quando Israele raggiunse lo scopo, gli fu chiesto di essere “Una luce per le nazioni”. Ramchal scrisse che Mosè volle che la sua Torah mostrasse il percorso dell’unione a tutto il mondo. “Mosè desiderò completare la correzione del mondo in quel momento… Tuttavia non ci riuscì a causa delle corruzioni che si verificarono lungo il cammino”, scrisse Ramchal nel suo commentario alla Torah.

Il compito di Mosè di unire il popolo di Israele è stato la sua vittoria finale sul Faraone, l’inclinazione al male, ovvero l’egoismo, o come disse Maimonide: “Devi sapere, figlio mio, che il Faraone, il Re d’Egitto, è di fatto l’inclinazione al male” (Gli Scritti di Rambam).

Il seme dormiente

In seguito alla formazione della nazione ebraica sotto Mosè, gli ebrei conobbero molti alti e bassi. Quando tra noi regnava l’unione, prosperavamo, se a prevalere era l’egoismo, soffrivamo. Circa duemila anni fa, l’egoismo dei nostri antenati raggiunse livelli tali da non riuscire più a tollerarsi l’un l’altro. Sina’at hinam (l’odio infondato) scoppiò fra loro e il leader della legione romana in Giudea, Tiberio Giulio Alessandro (egli stesso era Ebreo e suo padre aveva rivestito d’oro le porte del Tempio) distrusse il Tempio dando inizio all’esilio ebraico dalla terra di Israele. Infatti, come il grande Maharal di Praga scrisse nel Netzah Israel: “Il Tempio fu distrutto a causa dell’odio infondato, perché i loro cuori erano divisi ed erano indegni di un Tempio che rappresenta l’unificazione di Israele”.

Non abbiamo mai superato quell’odio. Tuttavia, il seme dell’unione si trova ancora dentro di noi e nel corso dei secoli i nostri saggi hanno sottolineato che questa è la chiave per la nostra salvezza, ma abbiamo dimenticato come coprire il nostro odio con l’amore, così come avevano fatto Abramo e i suoi discepoli, e poi Mosè e il suo popolo.

Eppure, nei secoli, i saggi Giudei ricordavano il rimedio per l’unione. Il libro, Maor VaShemesh scrive: “La difesa primaria contro le calamità, sono l’amore e l’unione. Quando ci sono l’amore, l’unione e l’amicizia in Israele, nessuna calamità può abbattersi su di loro”. Allo stesso modo, The Book of Consciousness (Il Libro della Conoscenza) scrive: “Ad ogni generazione ci viene raccomandato di rafforzare l’unione fra noi, in modo che i nostri nemici non governino sopra di noi”.

Anche se il seme dell’unione si trova dentro di noi, non possiamo essere “Una luce per le nazioni” finché siamo disuniti e non possiamo diffondere l’unione nel mondo così come la intendevano Abramo e Mosè. Di conseguenza, di giorno in giorno, l’umanità sta diventando sempre più egoista. Oggi il nostro egoismo è così profondo che anche se siamo consapevoli di rovinare il futuro dei nostri figli inquinando il pianeta, non abbiamo semplicemente alcuna intenzione di fermarci. Siamo consapevoli che il Pluralismo sia importante e anche che il Liberalismo sia di vitale importanza per la società, ma tutti siamo così narcisisti da non essere in grado di ascoltarci reciprocamente, tantomeno di unirci al di sopra delle nostre differenze.

Nel periodo di massimo splendore della monarchia spagnola, gli ebrei furono espulsi dalla Spagna, furono torturati e uccisi dall’Inquisizione sotto la guida di Torquemada che, come Tiberio, era di origini ebraiche. Nel secolo scorso, ad Adolf Hitler non importarono le conquiste che gli ebrei tedeschi avevano profuso in tutto il suo paese. Egli li incolpava per ogni male che avvenisse in Germania. Quando non riuscì ad espellere gli ebrei, perché nessuno li voleva, li sterminò.

Quando ci uniamo, siamo luce

Il Libro dello Zohar scrive: “Ecco quanto è bello e piacevole che i fratelli siedano insieme. Questi sono gli amici che siedono insieme e non sono separati gli uni dagli altri. In un primo momento, sembrano come persone in guerra che desiderano uccidersi le une con le altre. Ma poi tornano ad essere in amore fraterno. …E voi, gli amici che sono qui, dato che siete stati in affetto e in amore prima, d’ora in poi non vi separerete …E per merito vostro ci sarà la pace nel mondo” (Aharei Mot).

Analogamente a Lo Zohar, Rav Yehuda Ashlag, il suo autorevole commentatore, scrisse che “La nazione di Israele era stata costruita per essere il passaggio attraverso il quale il mondo avrebbe potuto comprendere la piacevolezza e la serenità dell’amore per gli altri”. Come Ashlag, Rav Kook scrisse: “In Israele vi è il segreto per l’unione del mondo” (Orot Kodesh).

Proprio come il nostro grande antenato Abramo, noi siamo i portatori del metodo di correzione dell’egoismo che separa e distrugge il nostro mondo, pezzo dopo pezzo, dopo pezzo. Se non ripristineremo il nostro metodo di unione al di sopra delle nostre differenze, le nazioni ci incolperanno per i loro guai e ci puniranno ancora una volta. Il più noto antisemita della storia americana, Henry Ford, ha riconosciuto il ruolo degli ebrei verso la società nel suo libro The International Jew – The World’s Foremost Problem: “I moderni riformatori che costruiscono sistemi sociali modello, farebbero bene a guardare al sistema sociale col quale erano organizzati i primi ebrei”.

Il Nazismo in America

Noi siamo convinti che la Germania nazista sia stata un evento unico nel suo genere. Ma dire “Mai più” non impedirà che la storia si ripeta. Ci stiamo dimenticando che non furono i tedeschi ad inventare il distintivo giallo, ma gli inglesi. Già nel 1218, Re Enrico III “proclamò l’Editto del Badge, rendendo l’Inghilterra la prima nazione europea a richiedere agli ebrei di indossare un marchio”.

Nei primi anni ’50 del secolo scorso, Rav Yehuda Ashlag sostenne, ne Gli Scritti dell’ultima generazione, che: “Il mondo considera erroneamente il Nazismo come una particolare propaggine della Germania. In realtà… tutte le nazioni sono uguali in questo; non vi è alcuna speranza che il Nazismo muoia con la vittoria degli alleati, poiché domani gli anglosassoni adotteranno il Nazismo”.

Per decenni l’America si è trovata in un percorso di crescita dell’egoismo, di alienazione e isolamento sociale. La depressione è la prima causa di malattia nel paese ormai da anni e la disperazione sta crescendo rapidamente. Se un libro intitolato The Narcissism Epidemic: Living in the Age of Entitlement, raggiunge la vetta nella classifica dei libri più venduti, stilata dal New York Times, e i ragazzi nati nel XXI secolo definiscono il loro ambiente come la cultura dell’”Io, io, io”, si capisce che il paese è sull’orlo dell’implosione.

In realtà sembra che l’implosione sia già iniziata. Le elezioni del 2016 hanno rivelato le divisioni interne al paese, l’inganno dei politici e la falsità dei mezzi di informazione. Al giorno d’oggi, in America, nessuno si fida più di nessuno. Questo è l’ambiente ideale per un rapido aumento dell’antisemitismo.

Se gli ebrei americani non riprenderanno in mano la situazione, sforzandosi di unirsi al di sopra della loro reciproca antipatia, gli Americani li costringeranno a farlo con uno spargimento di sangue. Non c’è più tempo. Solo un’azione ci viene richiesta come ebrei: che mettiamo da parte le nostre differenze e che ci uniamo, perché l’unione è l’unica salvezza per il popolo ebraico, e perché quando ci uniamo siamo una luce per le nazioni e diamo al mondo ciò che Abramo voleva dare all’umanità già quasi quattromila anni fa, quello di cui il mondo ha così profondamente bisogno al giorno d’oggi.

Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu

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