33.000 dipendenti della Toys ‘R’ Us stanno, purtroppo, per andare a casa. Metteranno in una scatola di cartone marrone la foto di famiglia in vacanza appesa nel loro ufficio, prenderanno uno o due giocattoli per ricordo e, a malincuore, torneranno a casa. Entreranno a far parte di una lista crescente di centinaia di migliaia di persone che hanno perso il lavoro, non perché debbano migliorare le loro prestazioni o la loro etica professionale, ma semplicemente perché non servono più.
Sempre più prodotti vengono fabbricati usando dei robot, per le aziende è più conveniente, oltre che più economico per i consumatori che possono ordinare online cliccando con un dito.
La Toys ’R’ Us è solo un esempio dello tsunami tecnologico-virtuale che sta travolgendo il mondo degli affari. Appare sotto forma di corporazioni giganti come Amazon, Alibaba, Google e i loro partner commerciali, calpestando tutte le aree di commercio possibili: vendita al dettaglio, servizi bancari, abbigliamento, cibo, pubblicità e altro. E questa ondata non si limita al settore privato, sta spazzando via anche il settore pubblico. Per esempio, Warren Buffet, Jeff Bezos e Damie James sono già in una joint venture (associazione in partecipazione) per reinventare l’assistenza sanitaria.
Anche se può sembrare una rivoluzione silenziosa, promette un terremoto socio-economico mai visto prima. Il futuro tecnologico-virtuale sta conquistando gradualmente le basi stesse del mondo economico.
Parlare di problemi come robot che rimpiazzano il lavoro umano sta diventando normale, ma non abbiamo ancora riconosciuto l’entità di questo cambiamento. Molti politici, economisti e analisti vedono questo come una nuova rivoluzione industriale che arriva con i dolori del travaglio, dando vita ad un gran numero di nuove professioni e prevedono che ne deriverà un nuovo boom economico.
Questa è una visione certamente incoraggiante, ma è basata sulla comprensione limitata delle nuove tecnologie che si sviluppano a ritmi esponenziali. Anche oggi, con le tecnologie esistenti, potremmo automatizzare il 45% delle attività che le persone sono pagate per svolgere negli U.S.A.
Non si tratta di macchinari avanzati che sostituiscono le nostre mani e i nostri piedi al lavoro. Si tratta di intelligenza artificiale sviluppata per sostituire gradualmente l’intelligenza umana. L’IA (Intelligenza Artificiale) penserà in modo creativo, produrrà, analizzerà, svilupperà, programmerà e lavorerà in modo molto più efficiente del dipendente più dotato, essendo nel contempo più economico e più semplice da gestire.
L’intelligenza artificiale può imparare e aggiornarsi molto più rapidamente di quanto una persona possa riqualificarsi e, alla fine, sostituirà il lavoro umano ovunque: scienziati, medici, programmatori, designers, esperti finanziari, manager delle risorse umane. Sarà necessaria solo una frazione della forza lavoro per azionare e calibrare le varie macchine intelligenti e i software avanzati.
Rivoluzioniamo la società senza forconi
Se si riesce a capire il futuro della tecnologia, si può individuare immediatamente la prossima crisi sociale. Le masse andranno in disoccupazione indefinita e l’economia moderna non avrà risposte per loro. Gli attuali modelli economici possono a malapena gestire un tasso di disoccupazione del 15%. Cosa accadrà quando raggiungeremo il 30%, 40% e 50% di disoccupazione? Ciò è incomprensibile per l’economia attuale.
Se ci accontentiamo di un pensiero positivo, sperando che ne deriverà magicamente un nuovo boom economico, corriamo il rischio di una grave crisi di disoccupazione. E la gente non se ne starà a casa tranquilla se non avrà speranza di provvedere alle necessità di base. La gente ormai senza speranza potrebbe passare alla violenza, all’estremismo, al sostegno di leader radicali che offrono sicurezza economica per arrivare al potere, come abbiamo visto in passato.
In alternativa, se pianificassimo in anticipo, potremmo rivoluzionare la società “senza rivoluzione”. Prima riconosceremo l’inevitabile riprogettazione della nostra infrastruttura socio-economica, ovvero, che i lavori non esisteranno più come in passato, prima affronteremo la necessità di soddisfare le necessità primarie di tutti i membri della società.
Dobbiamo capire che un cambiamento dei valori sociali è la questione centrale, sia che lo facciamo attraverso una qualche forma di reddito base universale o in qualsiasi altro meccanismo tecnico: la leadership di ogni paese deve riconoscere che la priorità assoluta è preoccuparsi delle necessità di base di tutti i cittadini: cibo, casa, vestiti, educazione e salute.
Ma cosa darà la gente in cambio alla società? Se per mantenere le macchine saranno necessarie solo poche ore di lavoro, cosa faranno gli esseri umani? Saranno occupati ad “essere umani”, che significa sviluppare se stessi, le loro famiglie, le loro società e tutto ciò che li rende umani invece che robot.
Il vero elemento conduttore della tecnologia è l’evoluzione umana
La rivoluzione tecnologica non è accidentale e non è tecnologica. È una rivoluzione evolutiva, il suo scopo è l’evoluzione della società umana che ci aiuterà ad uscire dall’infinita corsa al successo, alimentata dall’ossessione materiale che non ci rende veramente felici, la caccia ininterrotta che ha creato una società di piccoli ingranaggi in corporazioni giganti, che accumulano stress e ruggine mentre perdono il contatto l’uno con l’altro e con se stessi.
Invece di investire le energie nel lavorare come macchine, saremo impegnati nell’unico lavoro che rende gli umani diversi dalle macchine. In una società libera dall’inseguimento ciclico dei beni materiali, investiremo gran parte del nostro tempo su base giornaliera, ricercando, esercitando e sviluppando il senso naturale di connessione umana che ci lega insieme.
Una società nuova nascerà quando le masse faranno questo regolarmente, come un loro nuovo lavoro. Il suo prodotto sarà l’energia sociale positiva necessaria per preservare l’equilibrio sociale. Sarà una società in cui il lavoro quotidiano dei membri è mantenere il senso di unione e solidarietà che previene la violenza e l’estremismo, consentendo agli esseri umani di vivere insieme in pace.
Questo lavoro si può fare in infiniti modi creativi, dove le persone possono applicare passione e desiderio, purché contribuiscano ad un caldo clima sociale. Ma questo processo deve cominciare da una formazione di base e dall’insegnamento della scienza umana della connessione, imparando come le connessioni sociali positive ci rendono più sani, più felici e migliori in qualsiasi cosa facciamo.
Sicuramente, quanto detto sopra suona estraneo in un mondo in cui siamo stati addestrati dai pubblicitari a scegliere cose che non ci servono per impressionare persone con le quali non possiamo connetterci. Ma quando i bisogni materiali sono soddisfatti, la natura umana richiede un tipo di soddisfazione più profondo, più significativo. Non è un caso che gli studi sulla felicità mostrino ripetutamente che relazioni sociali sane siano il primo indicatore della prosperità umana.
Il nostro sviluppo naturale e sociale ci spinge ad usare la nostra predisposizione alla connessione umana, a raffinarla attraverso un lavoro costante sulle relazioni e ad evolvere verso una nuova realtà sociale. Invece di competere con i robot per un lavoro vecchio stile, facciamo in modo che il nostro lavoro sia l’unica funzione che i robot non potranno mai rimpiazzare e troveremo il tipo di felicità che il denaro non comprerà mai.
Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu